Riscaldamento, quanto mi costi
I rincari degli ultimi periodi hanno fatto sorgere in molti proprietari di alloggi inseriti in un contesto condominiale l’interrogativo sulla convenienza del distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato. Prima di considerare i costi da affrontare (che, naturalmente vanno valutati con attenzione) il quesito da porsi è se ciò sia sempre possibile e/o con quali limitazioni.
La risposta si trova nell’art. 1118 cod. civ., che disciplina i diritti dei partecipanti alle cose comuni e prevede, al VI comma: “Il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma”.
In tema del servizio comune di riscaldamento, la giurisprudenza, nel tempo, ha assunto posizioni ora a favore, ora contrarie alla rinuncia.
L’orientamento attualmente seguito milita per l’ammissione del distacco dall’impianto centralizzato, a condizione che il condominio interessato dimostri che ciò non causi squilibri termici, pregiudicandone il regolare funzionamento, e sempre che tale modificazione non comporti degli aggravi di spese per coloro che continuano a fruirne.
Anche se in linea di principio ed in base alla lettura della norma sopra citata, il condomino ha un vero e proprio diritto a staccarsi con i limiti e gli effetti ricordati, ci si è posti il problema di cosa accada nel caso in cui il regolamento condominiale espressamente lo vieti.
Il Tribunale di Roma, a tal proposito, ha operato un distinguo ritenendo valida la clausola se contenuta in un regolamento condominiale contrattuale “non essendo tale divieto in contrasto con la disciplina legale (ancorché derogabile) dell’uso della cosa comune” e non in un regolamento non contrattuale “che non può incidere sui diritti dei partecipanti (in senso restrittivo o ampliativo con effetti sul riparto delle spese) ma solo regolamentare le modalità d’uso delle cose comuni e l’organizzazione ed il funzionamento dei servizi condominiali” (Trib. Roma, Sentenza n. 731 del 14.01.2020).
Ricordo che il regolamento condominiale si distingue in assembleare e contrattuale: il primo è approvato a maggioranza dall’assemblea; il secondo può formarsi, o tramite l’approvazione assembleare unanime di tutti i condomini che partecipano al condominio, ovvero può essere predisposto dall’unico originario proprietario dell’intero edificio o dal costruttore.
Sulla questione è intervenuta la Suprema Corte che ha dichiarato la nullità della clausola del regolamento condominiale che vieti “in radice” al condomino di rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento e di distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune, per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune, sempre che il distacco non cagioni alcun notevole squilibrio di funzionamento. Tale principio si applicherebbe anche al regolamento contrattuale, che non può derogare le disposizioni richiamate dall’art. 1138 cod. civ. IV comma, andando a menomare i diritti che ai condomini derivino dalla legge, dagli atti di acquisto e dalle convenzioni.
Secondo la Cassazione “le condizioni per il distacco dall’impianto centralizzato, vanno quindi ravvisate, secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, nell’assenza di pregiudizio al funzionamento dell’impianto e comportano il conseguente esonero, in applicazione del principio contenuto nell’art. 1123Cod. Civ., II comma, dall’obbligo di sostenere le spese per l’uso del servizio centralizzato; in tal caso, il condomino che opera il distacco è tenuto solo a pagare le spese di conservazione dell’impianto stesso” (Cass. civ., Sez. II, Ord. n. 9387 del 21.05.2020).
Il condomino distaccatosi resta comunque obbligato alla contribuzione delle spese per la conservazione e la manutenzione dell’impianto, nonché per la sua conservazione e messa a norma, perché l’impianto centralizzato resta un accessorio di proprietà comune, al quale egli potrà, in caso di ripensamento, riallacciare la propria unità immobiliare.