Mai più foto dei figli sui social?
Mentre in Francia è pronta una proposta di legge per contrastare il fenomeno dello “sharenting”, in Italia ci si domanda se il Governo intenderà prendere in seria considerazione le tematiche da tempo sollevate dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza che, lo scorso novembre, ha scritto al Presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni per segnalare cinque questioni da affrontare con urgenza a tutela dei diritti di bambini e ragazzi. Tra queste, quella che riguarda “i bambini da soli sui social, i genitori che ne condividono disinvoltamente in rete le foto, i baby influencer da tutelare nei loro diritti di minorenni e il diritto all’oblio dei più piccoli”.
Ma cos’è lo “Sharenting”?
Il termine sharenting nasce dall’unione delle parole “share” (condividere) e “parenting” (genitorialità) e si riferisce al fenomeno della condivisione online costante da parte dei genitori di contenuti che riguardano i propri figli/e (foto, video, post, reels…).
I genitori di norma, e con le dovute eccezioni, lo fanno in assoluta buona fede e senza altro scopo che non sia quello di mostrare, orgogliosi, i loro pargoli ritratti in pose o momenti che li vedono spensierati, meditabondi, protagonisti di situazioni ilari. Nell’assoluta ingenuità e inconsapevolezza, non vengono sfiorati dal dubbio che un’eccessiva e costante sovraesposizione online dei propri figli possa comportare dei rischi. Rischi sicuri per il Garante Privacy che richiama, in primis, quelli che cadono “sull’identità digitale del minore e quindi sulla corretta formazione della sua personalità”. Peraltro, non si possono sottacere quelli legati all’utilizzo delle immagini a fini illeciti e al fenomeno aberrante della pedopornografia. Inoltre, il Garante sollecita una riflessione “sul fatto che postare foto e video di diversi momenti della vita dei minori, magari accompagnati da informazioni tra cui l’indicazione del nome o l’età o il luogo in cui è stato ripreso, contribuisce a definire l’immagine e la reputazione online”. Quello che viene pubblicato sul web o condiviso nelle chat di messaggistica non solo sfugge al controllo dell’autore, ma potrebbe contenere più informazioni di quanto pensiamo, come ad esempio i dati di geolocalizzazione. Conclude il Garante: “Chiediamoci sempre se i nostri figli in futuro potrebbero non essere contenti di ritrovare loro immagini a disposizione di tutti o non essere d’accordo con l’immagine di sé stessi che gli stiamo costruendo”. Siamo convinti che l’immagine che offriamo dei nostri figli non potrebbe influenzare la loro crescita, la loro personalità, i loro futuri rapporti relazionali? E non potrebbe incrinare quello che ci lega a loro?
La proposta di legge francese induce ad una riflessione sulla opportunità/necessità di porre dei limiti alla possibilità di genitori e parenti di condividere online le immagini dei minori e sulla necessità di rivedere l’età minima per prestare un valido consenso digitale al trattamento dei dati e accedere ai social.
Per l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza il limite minimo, che in Italia è di 14 anni, andrebbe alzato a 16. Inoltre, per evitare venga aggirato, insieme ad Agcom e Garante privacy, propone “l’introduzione di una sorta di Spid. Si tratta in pratica di istituire un nuovo sistema per la verifica dell’età dei minorenni che accedono ai servizi digitali, basato sulla certificazione dell’identità da parte di terzi, così da mantenere pienamente tutelato il diritto alla privacy”.
Per i casi di sharenting è stata sollecitata l’applicabilità delle disposizioni in materia di cyberbullismo, che consentono ai minorenni di chiedere direttamente la rimozione dei contenuti.
Nel mentre, il Garante privacy fornisce una serie di suggerimenti per cercare di “limitare i danni”:
rendere irriconoscibile il viso del minore (ad esempio, utilizzando programmi di grafica per “pixellare” i volti);
coprire semplicemente i volti con una “faccina” emoticon;
limitare le impostazioni di visibilità delle immagini sui social network alle persone che si conoscono o che siano affidabili e non le condividano senza permesso;
evitare la creazione di un account social dedicato al minore;
leggere e comprendere le informative sulla privacy dei social network su cui carichiamo le fotografie.
Forse non piacerà ai genitori “postatori seriali” e alla nutrita categoria degli influencer dediti a pubblicare sui social reels dei figli, ma chissà che non sia giunto anche per loro il momento di riflettere.