Il venerdì 17 dei bonus fiscali
Lo scorso 17 febbraio è entrato in vigore il Decreto legge n. 111/2023 che ha introdotto sostanziali modifiche al testo dell’articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.
Il decreto impone uno stop totale a tutte le nuove operazioni di cessione del credito e di sconto in fattura per i beneficiari dei bonus fiscali per interventi di ristrutturazione e di efficienza energetica.
Per comprendere la portata di un intervento che per il Consiglio dei Ministri si è reso necessario a fronte di una “emorragia” di denaro pubblico senza precedenti, basti considerare quanto segue.
La disciplina dei bonus fiscali per l’edilizia si concentra negli articoli 119, D.L. 19 maggio 2020, n. 34, avente ad oggetto gli “incentivi per l’efficienza energetica, sisma bonus, fotovoltaico e colonnine di ricarica di veicoli elettrici” e nel successivo art. 121 che regola l’“opzione per la cessione o per lo sconto in luogo delle detrazioni fiscali”.
Dalla lettura combinata delle due disposizioni previgenti emergeva chiaramente l’intento del legislatore di incentivare gli interventi volti all’efficientamento energetico attraverso un insieme di operazioni, che potevano riguardare edifici sia pubblici che privati, complessi aziendali e attività, atte a contenere i consumi.
Fino al fatidico venerdì 17, la legge non solo consentiva al contribuente, che in tal modo acquisiva un credito nei confronti del fisco, la detrazione in percentuale variabile per le spese documentate relative ai lavori di efficientamento energetico, ma gli permetteva di optare:
a) per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che avrebbero effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d’imposta, di importo pari alla detrazione spettante, cedibile dai medesimi ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito;
b) per la cessione di un credito d’imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito (art. 121, comma 1, D.L. n. 34/2020).
Il committente di norma sceglieva di rivolgersi a banche e finanziarie per la necessità di avere una disponibilità di denaro immediata senza dover attendere la detrazione, soprattutto nel caso di opere a stato avanzamento lavori; inoltre, non tutti i contribuenti avevano e hanno la capienza fiscale sufficiente per portare in detrazione le spese sostenute, considerando la necessità di effettuare la detrazione entro un periodo massimo di quattro anni (per le spese del 2022) oppure non avrebbero potuto, né potrebbero, fruire di una detrazione fiscale in quanto l’imposta IRPEF prodotta dai redditi percepiti era di fatto annullata da altre detrazioni fiscali. Optando per la detrazione, avrebbero corso il rischio di anticipare il pagamento dei lavori senza riuscire a coprire tutte le spese sostenute.
Insomma, districandosi in un dedalo di disposizioni articolate e mutevoli, il committente/contribuente alla fine di una complessa procedura avrebbe potuto pagare le opere fatte eseguire solo in parte (sconto in fattura parziale) oppure addirittura non pagarle (sconto in fattura totale) e comunque avrebbe potuto cedere i crediti, monetizzandoli. Di contro, le imprese di costruzioni avrebbero eseguito i lavori senza costi per i committenti, ottenendo, con la cessione del credito alla banca, un corrispettivo utile a coprire i costi e a garantirgli un ricavo.
La scelta di optare per lo sconto in fattura o per la cessione del credito avrebbe potuto essere esercitata a fine lavori o in relazione a ciascuno stato di avanzamento degli stessi. Dall’entrata in vigore del DL n. 11/2023, questa scelta, fatte salve alcune specifiche deroghe per le operazioni già in corso, non è più possibile.
Vista la complessità dell’argomento invito chi ne abbia interesse alla lettura di una norma che, in tre articoli, rivoluziona un sistema che molti ritenevano sarebbe durato anni, per cui molti (imprese, professionisti e privati) hanno investito, se non tutto, tanto, o, forse, troppo.