Invalidità degli atti giuridici compiuti da persona non soggetta a tutele
L’intervento dello scorso mese ha riguardato le problematiche legate al compimento della maggiore età di un adolescente disabile. Senza ritornare sul tema, ritengo che resti da analizzare un aspetto comune a tutte quelle situazioni in cui, per vari motivi, la persona che si trova in una situazione di incapacità non sia soggetta alle forme di tutela previste dal nostro ordinamento e si vincoli contrattualmente, o con un atto unilaterale.
Attenzione: tutti noi potremmo trovarci ad attraversare un momento che ci vede non propriamente padroni delle nostre facoltà. Se in quel frangente perché, ad esempio, particolarmente fragili ed esposti, dovessimo sottoscrivere un contratto o una dichiarazione con obblighi gravosi a nostro carico, dovremmo sempre e comunque ritenerci vincolati?
In altri termini: si possono prefigurare ipotesi di invalidità o di eventuale annullamento degli atti posti in essere da persona che al momento del compimento si sia trovata in condizioni di incapacità di intendere e di volere imputabile a qualsivoglia causa, anche di tipo transitorio?
Ferma restando la necessità di valutare anche l’eventuale rilevanza penale delle condotte poste in essere da terzi nei confronti della persona incapace, per quanto riguarda la posizione di persone sottoposte a interdizione e inabilitazione, il nostro codice prevede, all’art 427 cod. civ, che “[…] Gli atti compiuti dall’interdetto dopo la sentenza di interdizione possono essere annullati su istanza del tutore, dell’interdetto o dei suoi eredi o aventi causa. Sono del pari annullabili gli atti compiuti dall’interdetto dopo la nomina del tutore provvisorio, qualora alla nomina segua la sentenza di interdizione.
Possono essere annullati su istanza dell’inabilitato o dei suoi eredi o aventi causa gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione fatti dall’inabilitato, senza l’osservanza delle prescritte formalità, dopo la sentenza d’inabilitazione o dopo la nomina del curatore provvisorio, qualora alla nomina sia seguita l’inabilitazione”.
Per quanto riguarda la posizione dell’amministrato, l’annullamento non colpisce tutti gli atti appartenenti ad una categoria astratta, ma soltanto quelli per porre in essere i quali è stato nominato l’amministratore di sostegno, perché l’ambito dell’incapacità di agire è delineato da questo provvedimento (vedasi l’art. 412 cod. civ.).
Per rispondere all’interrogativo posto all’inizio occorre invece far riferimento all’art. 428 cod. civ per cui:
“Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d’intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all’autore.
L’annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d’intendere o di volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell’altro contraente.
L’azione si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui l’atto o il contratto è stato compiuto.
Resta salva ogni diversa disposizione di legge”.
Quindi, non sempre si è vincolati agli effetti di un atto giuridico, ma per sottrarsene devono essere presenti determinate condizioni. In primis, la presenza di uno stato di incapacità – che deve sussistere al momento del compimento dell’atto – vale a dire dell’impossibilità, anche transitoria, di rendersi conto del contenuto e degli effetti dell’atto giuridico che si compie (infermità mentale da malattia, l’ubriachezza…).
Questa particolare situazione di debolezza, deve essere dimostrata dal soggetto incapace, dagli eredi o dagli aventi causa. Deve poi sussistere un grave pregiudizio che consiste in un danno, non solo di natura patrimoniale, che può essere rappresentato anche da un forte squilibrio negoziale o da una perdita economica.
L’annullamento dei contratti non richiede il grave pregiudizio, ma la malafede dell’altro contraente intesa come consapevolezza o conoscenza dell’altrui condizione di incapacità, con conseguente approfittamento. La malafede può essere dimostrata anche in via indiziaria dando prova del pregiudizio derivato o derivabile alla persona, o dalla qualità del contratto, o da ogni altro elemento volto a comprovarne la sussistenza.
Da ultimo, la norma pone un limite temporale all’azione di tutela: il termine di prescrizione di cinque anni che decorre da quando l’atto oppure il contratto siano stati compiuti.