Danno da adulterio?
Tra gli obblighi nascenti dal matrimonio vi è sicuramente quello alla fedeltà, che va inteso quale impegno globale di devozione, volto a garantire e a consolidare l’armonia interna della coppia, i cui confini si estendono ben oltre la fedeltà sessuale che ne costituisce soltanto un aspetto, seppur rilevante. Naturalmente tale impegno presuppone una comunione spirituale tra i coniugi. Ove questa sia venuta meno e il rapporto sia già compromesso, il comportamento fedifrago di un coniuge non assume rilevanza ai fini di una pronuncia di addebito.
Ricordo che l’addebito si fonda sulla presenza di violazioni degli obblighi matrimoniali, di regola gravi e ripetute, che diano causa all’intollerabilità della convivenza. Spetta al Giudice, sulla base dei fatti prospettati dalle parti e delle prove presentate a loro supporto, decidere sulla sussistenza o meno di nesso causale tra il deterioramento del rapporto e il comportamento di un coniuge: l’addebito non sorge automaticamente in seguito alla condotta infedele di uno dei coniugi, ma solo quando, nell’ambito di una valutazione complessiva dei singoli comportamenti, sia evidente che essa abbia determinato la crisi coniugale. Si pensi, ad esempio, al caso in cui il marito instauri una stabile relazione con un’altra donna (andando a convivere con l’amante magari all’indomani della notifica del ricorso di separazione), quando, in precedenza, la vita matrimoniale era assolutamente normale, con atteggiamenti anche affettivi all’interno della coppia.
Ho già avuto modo di evidenziare come l’addebito sia un rimedio eventuale che potremmo definire “discriminatorio” nei confronti del coniuge debole. Infatti, considerato che l’effetto della pronuncia di addebito è di far perdere al coniuge cui viene addebitata la separazione, tra gli altri, il diritto a ricevere un assegno di mantenimento, quando è il coniuge economicamente più forte ad essere sanzionato con lo strumento dell’addebito, la sanzione è inefficace, inutiliter data, insomma, nulla apporta a favore del coniuge economicamente più debole.
Ci si è interrogati, quindi, sulla possibilità di riconoscere, accanto alla pronuncia di addebito per la violazione degli obblighi nascenti dal matrimonio – strumento più sanzionatorio che risarcitorio -, una di condanna a titolo di risarcimento, secondo lo schema generale della responsabilità civile.
Considerato l’argomento trattato potremmo, dunque, domandarci: può essere riconosciuto un danno da adulterio?
Per lungo tempo si è affermato che l’addebito non potesse essere cumulato con ulteriori risarcimenti, salvo che vi fossero specifici danni patrimoniali (ad esempio se un coniuge avesse arrecato perdite al patrimonio dell’altro).
Da alcuni anni la prospettiva è cambiata e si è giunti a riconoscere la coesistenza delle pronunce di addebito e di risarcimento del danno, considerato che si basano su presupposti e finalità radicalmente differenti. Nel primo caso, l’obiettivo si focalizza sulla violazione di obblighi nascenti dal matrimonio e sul rapporto causa-effetto con la intollerabilità della convivenza; nel secondo, sull’incidenza di tale violazione (dolosa o colposa) su beni essenziali e sulla sua idoneità a produrre un danno ingiusto, con conseguente risarcimento. Può, dunque, assumere rilevanza un comportamento del coniuge infedele che – seppur privo di carattere ingiurioso o di manifestazioni irrispettose – sia tale da ledere la salute, la privacy e la reputazione dell’altro.
Vi segnalo l’Ordinanza 07 marzo 2019, n. 6598 della Cassazione civile, in quanto non solo riconosce il diritto al risarcimento del danno, ma ne sottolinea l’autonomia rispetto alla pronuncia di addebito: “La natura giuridica del dovere di fedeltà derivante dal matrimonio implica che la sua violazione non sia sanzionata unicamente con le misure tipiche del diritto di famiglia, quale l’addebito della separazione, ma possa dar luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c., senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di separazione sia a ciò preclusiva, sempre che la condizione di afflizione indotta nel coniuge superi la soglia della tollerabilità e si traduca, per le sue modalità o per la gravità dello sconvolgimento che provoca, nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, quale, in ipotesi, quello alla salute o all’onore o alla dignità personale”.
Uomo (o donna) avvisato…