Locazioni commerciali ai tempi del COVID-19
I decreti e le ordinanze susseguitisi nel corso delle ultime settimane hanno avuto riflessi sul tessuto economico del Paese, nonostante gli interventi del Governo emanati al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica. Molti di coloro che hanno subito un arresto dell’attività e che hanno in essere un contratto di locazione commerciale si domandano se sia possibile risolverlo o sospendere il pagamento del canone. La premessa d’obbligo è che ogni caso deve essere valutato singolarmente, anche a fronte degli sviluppi dell’emergenza. Su di un piano generale, spero possa essere utile l’esposizione che segue. Il contratto di locazione è un contratto consensuale, ad effetti obbligatori e a prestazioni corrispettive, attraverso cui il locatore si impegna a consegnare un immobile e il conduttore si impegna pagare periodicamente un canone a titolo di corrispettivo per il godimento del bene. La locazione di immobili ad uso diverso da quello abitativo è disciplinata dalla L. 27/07/1978 n. 392 artt. 27 e segg. La legge prevede la facoltà delle parti di consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, mediante lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione. Indipendentemente dalle previsioni contrattuali, l’art. 27, ultimo comma, della legge indica quale rimedio per sciogliere il contratto di locazione, il c.d. recesso per gravi motivi. Inoltre, il conduttore può recedere dal contratto a causa di una eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1467 cod.civ.), ossia di una grave alterazione dell’equilibrio tra il valore delle prestazioni corrispettive causata da eventi straordinari, imprevedibili e successivi all’assunzione dell’impegno. Per quanto riguarda la sospensione del pagamento del canone vi anticipo che è ritenuta lecita solo nel caso in cui l’immobile sia materialmente inutilizzabile. Alcuni ritengono che la situazione che molti stanno attraversando configuri detta ipotesi. Non concordo con l’assunto, in quanto la prestazione principale del locatore è quella di mettere a disposizione dei locali genericamente idonei all’uso che ne è consentito ai sensi del contratto: i divieti incidono sull’attività posta in essere dal conduttore e non sulle caratteristiche dell’immobile che resta nella disponibilità dell’esercente. Vero è che questi non ne può godere per un fatto straordinario, indipendente da colpa o volontà delle parti contrattuali. Stante il silenzio della normativa specifica, soccorrono le disposizioni generali. In base all’art. 1218 cod.civ. “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”, e l’art. 1256 cod.civ. per cui: “l’obbligazione si estingue quando, per causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile”; mentre, allorché l’impossibilità sia temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Sotto il profilo giuridico, i recenti provvedimenti emergenziali possono incidere sulla capacità di eseguire le prestazioni contrattuali, determinando l’impossibilità sopravvenuta di adempiere in quanto rientrano nella fattispecie del così detto “factum principis”, ossia un’ipotesi di forza maggiore. E’ sufficiente questo per esonerare dal pagamento del canone? Non sempre. Infatti, non è ritenuta impossibile la prestazione che possa essere adempiuta con la normale diligenza e, in sede di giudizio, la mancanza o la riduzione di ricavi limitata a un periodo di tempo circoscritto potrebbe non essere considerata ragione sufficiente a sorreggere le argomentazioni del conduttore. Nei casi di chiusura, potrebbe invocarsi il venir meno della “causa concreta” del negozio, ovvero dello scopo pratico del contratto costituente sintesi degli interessi che il negozio è concretamente diretto a realizzare, ma anche questa argomentazione potrebbe non risultare soddisfacente. In definitiva, tra dubbi e interrogativi aperti, il consiglio è quello di trovare un accordo con il proprietario del locale per la riduzione (anche per pochi mesi) del canone di locazione che non comporta la stipula di un nuovo contratto ed è esente da bollo e imposta di registro. Allo scadere del periodo indicato, eventualmente rinnovabile, il canone torna alla misura originaria, permettendo al locatore di evitare di versare le imposte su canoni non percepiti. Sul tavolo della trattativa potrebbe essere utile richiamare, tra le altre disposizioni, l’art Art. 91 DL n. 18 del 17.03.2020, per cui: “ […] Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto e’ sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.